lunedì 13 dicembre 2010

5 motivi per cui si può essere licenziati secondo la cassazione

Licenziamento (foto Fotolia)
Le cause di lavoro sui licenziamenti finiscono spesso in Cassazione, con il risultato che la Corte di ultimo grado, con sede a Roma, ha stabilito una serie di linee guida per il lavoratore che non vuole rischiare di essere mandato via per i suoi comportamenti. Le sentenze non fanno giurisprudenza in modo diretto, come nei paesi anglosassoni, ma sicuramente diventano un punto di riferimento difficile da evitare. Dalle pennichelle agli insulti ai colleghi, ecco cosa è meglio evitare per non incorrere in un licenziamento definitivo.
Scarso rendimento sul posto di lavoro
Dormiglioni, attenti. Nella sentenza 43412/2010, la Corte di Cassazione ha stabilito che chi viene sorpreso a dormire sul posto di lavoro può essere licenziato per giusta causa. Il caso era quello di un addetto alla frontiera che aveva lasciato la sua postazione per schiacciare un pisolino nel suo gabbiotto. Per restare in tema, un luogo comune vuole che il lavoratore autonomo non possa mai adagiarsi nella pigrizia mentre chi ottiene un contratto a tempo indeterminato può tranquillamente tirare i remi in barca. Sbagliato: in base alla sentenza 24361/2010 una valutazione complessiva negativa dell'attività del lavoratore può comportarne il licenziamento per giusta causa. Il lavoratore oggetto della sentenza aveva ricevuto non soltanto lamentele dal suo capo ma anche da parte dei colleghi, che ne avevano notato omissioni, negligenza e varie violazioni. Proprio le lamentele, il malumore e lo scontento dei suoi pari grado sono state citate nelle sentenze per sostenere la tesi della giusta causa.
Non si può timbrare il cartellino di un collega
Una persona che lavora con voi ha intenzione di arrivare al lavoro in ritardo e vi chiede la cortesia di timbrare il suo cartellino prima del suo arrivo? Rifiutatevi citando la sentenza 24796/2010 della Cassazione che ha giudicato corretto il licenziamento del dipendente che aveva aiutato una sua collega. Lei si trovava nel parcheggio dello stabile, a non risultare in ritardo. In primo grado il Tribunale aveva sancito illegittimo il provvedimento del datore di lavoro, la Corte d'Appello ha ribaltato la sentenza e la Corte di Cassazione ha confermato che nessuno può timbrare il cartellino di un collega. Motivazione: in questo modo si viene a perdere il "rapporto fiduciario" tra capo e dipendente.
Non si può rifiutare un trasferimento
Una lavoratrice ha visto la sua sede muoversi dalla sua città, Vicenza, a Treviso, e si è opposta alla decisione e per questo è stata licenziata. Per sette mesi, in aperto contrasto con la dirigenza, ha rifiutato di recarsi sul posto di lavoro. Il caso è finito in tribunale. La Cassazione (sentenza 7045/2010) ha stabilito che questa sanzione aveva una natura disciplinare, come nel caso di un'insubordinazione qualsiasi.
Non si può usare la carta di credito aziendale per motivi personali
Anche se non si commette nessun reato, usare la carta di credito aziendale per fare un acquisto personale è un'infrazione passibile di licenziamento. Lo dice la sentenza della Cassazione 6965/2010. Affidare a un dipendente uno strumento delicato come la carta di credito dell'azienda presuppone il massimo della correttezza:  in pratica c'è la violazione di un patto da parte del lavoratore: quindi si può licenziare.
Non si possono insultare i colleghi
Andateci piano con le parole: insultare le persone con cui condividete il posto di lavoro può farvi mandare via. Tra gli obblighi del manager infatti c'è quello di tutelare la "personalità morale" di tutti i suoi dipendenti, ha sentenziato la Corte di Cassazione nella pronuncia 4067/2008. La dignità di chi lavora per lui è una sua precisa responsabilità. Quindi si può dire che per lui sia un dovere punire chi viola la tranquillità dell'ufficio o della fabbrica.

Nessun commento:

Posta un commento