giovedì 11 novembre 2010

Attenzione...facebook può farti licenziare!

Facebook (foto Getty)IL CAPO «PSICOPATICO» - La dipendente di una società di ambulanze ha scritto sulla sua pagina di Facebook che il suo supervisore è uno «psicopatico», ed è stata licenziata. L’ufficio sindacale Usa ha presentato però un esposto, in cui si afferma che criticare i capi, anche online, sarebbe un diritto riconosciuto dalle leggi federali. Il caso riguarda Dawnmarie Souza, che ha dovuto preparare una lettera di risposta alle lamentele di un cliente relative al suo lavoro. Souza era scontenta per il fatto che il suo supervisore non aveva consentito che a preparare la risposta fosse un rappresentante sindacale. La dipendente ha quindi deriso il suo capo su Facebook, utilizzando diverse volgarità per ridicolizzarlo, dichiarando tra l’altro: «E’ bello vedere come l’azienda consente a un 17 di diventare un supervisore». E nel linguaggio dei soccorritori delle ambulanze, 17 indica in gergo un paziente psichiatrico.

LA POSIZIONE DELL’AZIENDA - Il datore di lavoro di Souza, l’American Medical Response del Connecticut, ha smentito le affermazioni dell’ufficio sindacale, affermando che sono fuori luogo. «L’impiegata in questione è stato licenziato sulla base di diverse e gravi lamentele sul suo comportamento - ha dichiarato la compagnia -. La dipendente era inoltre ritenuta responsabile di attacchi personali negativi contro un collega, postati pubblicamente su Facebook. L’azienda ritiene che le dichiarazioni offensive contro il collega non fossero attività sindacali protette dalla legge federale».
L’INSULTO? DIRITTO SINDACALE - Lafe Solomon, in qualità di consulente generale dell’ufficio sindacale Usa, ha dichiarato invece: «Questo è un caso semplice e lineare che ricade sotto il National Labor Relations Act. Che ciò avvenga su Facebook o alla macchinetta del caffè, i dipendenti hanno il diritto di parlare insieme delle loro condizioni di lavoro, anche come in questo caso a proposito del loro supervisore». La legge Usa fornisce infatti ai lavoratori il diritto, protetto dallo Stato federale, di formare dei sindacati, e proibisce agli imprenditori di punire i lavoratori - appartenenti o meno ai sindacati - per il fatto di discutere delle condizioni di lavoro o delle azioni sindacali.
In attesa della sentenza, resta aperta la questione: le aziende dovrebbero avere il diritto di stabilire e rafforzare delle regole aziendali su quello che si può o meno pubblicare on-line su di loro? O i commenti sui social network dovrebbero essere protetti da ogni possibile sanzione disciplinare nei confronti dei lavoratori?

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